@lupo
Quel che si diceva ieri
Per non dimenticare. Mai. E nulla
G. Santalmassi
Il 14 Gennaio 2012, un collega che stimo moltissimo e mio amico, Giuseppe Oddo, scrisse la storia di Salvatore Li Gresti. La pubblico qui sotto. È di un anno e mezzo fa, in realtàè attualitàpura. È il modo in cui è cresciuta l’Italia. E non lo si deve dimenticare. Altrimenti non si capiscono nè le condizioni odierne del paese, nè le difficoltàche si incontrano per porvi rimedio.
di Giuseppe Oddo
La vicenda finanziaria di Salvatore Ligresti e del suo gruppo – Premafin-Fondiaria-Sai – comincia e finisce con un La Russa. Nel 1978, quando Premafin entra in Sai con il 9%, il senatore missino Antonino La Russa, classe 1913, è vicepresidente dell’impresa assicurativa appartenuta a Raffaele Ursini. L’altro ieri, alla riunione che ha sancito l’uscita di Ligresti da Premafin-Fondiaria-Sai, era presente un altro La Russa: Ignazio, classe 1947, ministro della Difesa dell’ultimo governo Berlusconi. A distanza di trentaquattro anni, padre e figlio aprono e chiudono una delle storie più intricate dell’alta finanza.
Ligresti, che tra un mese compie ottant’anni, approda a Milano negli anni ’50. Proviene da un Comune del catanese, Paternò. È figlio di commercianti. Ha una laurea da ingegnere. E nel capolugo lombardo entra in contatto con Michelangelo Virgillito, agente di cambio suo compaesano. Manovratore della Borsa negli anni tumultuosi del decollo economico, Virgillito diventa una sorta di padre putativo di Ligresti. Acquista sale cinematografiche, immobili, rileva importanti pacchetti azionari, scala la Lanerossi, s’impadronisce della Liquigas. È un discusso finanziere e un cattolico che ama dare molto, e vistosamente, in beneficenza.
Consigliere e legale di Virgillito è un altro illustre paternese, l’avvocato Antonino La Russa, che assume incarichi di prestigio in alcune sue società. E tra le migliaia di impiegati alla dipendenze di Virgillito c’è un oscuro ragioniere, Raffaele Ursini, che, quando il finanziere cade in disgrazia, ne rileva la Liquigas per 5 miliardi. Siamo negli anni ’60. Chi gli abbia messo in mano tutti questi soldi non si sa. C’è chi dice, ma senza averne la prova, che Ursini reggesse il «sacco» a Virgillito. È comunque un fatto che la stella dell’uno sorge proprio mentre sta per tramontare quella dell’altro.
La Liquigas si espande nella petrolchimica e, grazie all’acquisto della Sai dagli Agnelli, entra nelle assicurazioni. Ma è finanziarimente debole e alla fine degli anni ’70 tracolla per il peso dei debiti. Prima di fuggire in sudamerica, Ursini fa in tempo a cedere la compagnia a Ligresti. Dell’affare Sai si occupa Antonino La Russa, che gli si è avvicinato dopo la morte di Virgillito ed è anche amico di Ligresti.
Nel 1989, quando tutto è giàcaduto nel dimenticatoio, Ursini ritorna in Italia per rivendicare il diritto a rientrare in possesso di un pacco azionario della Sai per una clausola segreta a latere del contratto di vendita. I giudici però gli danno torto.
Ormai Ligresti è un personaggio ingombrante della scena finanziaria. Una potenza. Con la Grassetto ha costruito immobili in tutta Milano. Attraverso Premafin controlla una catena di grandi alberghi, di cliniche private, di quote di minoranza in Pirelli, Cir (della famiglia De Benedetti), Italmobiliare (della famiglia Pesenti), Agricola finanziaria (della famiglia Ferruzzi). La struttura azionaria del suo gruppo è quella a piramide, tipica del capitalismo a conduzione familiare: da una holding si diparte una cascata di societàciascuna delle quali controlla quella sottostante. I vari livelli della piramide vanno però alimentati con copiosi dividendi, altrimenti il peso dei debiti diventa schiacciante. Ligresti non ce la fa a tenere sotto controllo l’esposizione e ha bisogno del paracadute delle banche dove dettano legge i politici. Spera che l’amicizia con Bettino Craxi, segretario nazionale del Psi, gli spalanchi le porte della Bnl, ma il presidente dell’istituto romano, Nerio Nesi, gli nega il sostegno. Fortuna che ad accoglierlo trova la Mediobanca di Enrico Cuccia. Il grande banchiere, nel 1988, è impegnato nella privatizzazione di Via Filodrammatici e Ligresti ha dimestichezza con i palazzi romani, soprattutto con quello del “garofanoâ€Â, il più restio a recidere il legame tra Mediobanca e le banche di interesse nazionale. La Sai ha inoltre una partecipazione in Euralux, la finanziaria lussemburghese che custodisce il 5% di Generali, il secondo pacco azionario della compagnia triestina dopo quello di Mediobanca. Motivo in più perché Cuccia ammetta Ligresti nel tempio della finanza e gli assicuri il suo ombrello finanziario, quotando Premafin. Molti anni dopo, scomparso il grande vecchio di Via Filodrammatici, l’amministratore delegato di Mediobanca Vincenzo Maranghi chiama Ligresti per chiedergli di comperare la quota di Fondiaria in portafoglio a Montedison. Siamo nell’estate 2002. L’ingegnere ha giàsuperato da un pezzo il ciclone giudiziario “mani pulite†dopo aver subito il carcere e l’accusa di corruzione. Su Montedison sta per scattare l’Opa di Edf e Fiat e il delfino di Cuccia deve evitare che la compagnia fiorentina finisca fuori del controllo di Mediobanca, di cui possiede il 2 per cento. Ligresti compra Fondiaria in cambio di un nuovo appoggio finanziario che si dimostra risolutivo. Poi fonde le due società. Quando però i soci di Mediobanca spingono Maranghi alle dimissioni, l’ingegnere gli gira le spalle alleandosi con il presidente di Capitalia, Cesare Geronzi.
Ultimo atto: nel luglio 2007, poco prima di morire, Maranghi stila la lista di coloro che non dovranno essere ammessi nella sua casa alla visita di condoglianze. In cima ci sono i nomi di Ligresti e Geronzi.
I PROTAGONISTI
Enrico Cuccia
Il rapporto, imprenditoriale e personale, di Ligresti con Enrico Cuccia e la sua Mediobanca è di lunga data e aveva sempre permesso di superare fasi di crisi. La prima fu a metàdegli anni 80 quando via Filodrammatici spinse Premafin alla quotazione permettendo all’ingegnere di ridurre la mole di debiti. Appoggio confermato negli anni 90 durante e dopo l’inchiesta Tangentopoli.
Bettino Craxi
Negli anni 80 si stringe l’alleanza con Bettino Craxi, il leader socialista ago della bilancia nella formazione dei governi. Fu proprio Ligresti a presentare Craxi a Cuccia, superando diffidenze che potevano compromettere la privatizzazione. In quell’occasione la Sai entrò nel patto di sindacato di via Filodrammatici.
Ignazio La Russa
Dal padre Antonino al figlio Ignazio La Russa, il rapporto dei Ligresti con i La Russa è storico. «È una visita di cortesia, ci conosciamo da tre generazioni – ha spiegato l’esponente del Pdl nei giorni scorsi dopo un incontro con l’ingegnere – È un momento delicato, sono venuto a trovarlo». Geronimo, figlio dell’ex ministro della Difesa, è consigliere di Premafin.
il Sole 24 ore