Autore Topic: L'edicola  (Letto 36974 volte)

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Re:L'edicola
« Risposta #150 il: Luglio 08, 2013, 09:14:27 am »
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Re:L'edicola
« Risposta #151 il: Luglio 16, 2013, 13:27:16 pm »

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Offline Lapisâ„¢

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Re:L'edicola
« Risposta #153 il: Luglio 19, 2013, 14:08:19 pm »
@lupo
Quel che si diceva ieri

Per non dimenticare. Mai. E nulla
G. Santalmassi
Il 14 Gennaio 2012, un collega che stimo moltissimo e mio amico, Giuseppe Oddo, scrisse la storia di Salvatore Li Gresti. La pubblico qui sotto. È di un anno e mezzo fa, in realtà è attualità pura. È il modo in cui è cresciuta l’Italia. E non lo si deve dimenticare. Altrimenti non si capiscono nè le condizioni odierne del paese, nè le difficoltà che si incontrano per porvi rimedio.

di Giuseppe Oddo

La vicenda finanziaria di Salvatore Ligresti e del suo gruppo – Premafin-Fondiaria-Sai – comincia e finisce con un La Russa. Nel 1978, quando Premafin entra in Sai con il 9%, il senatore missino Antonino La Russa, classe 1913, è vicepresidente dell’impresa assicurativa appartenuta a Raffaele Ursini. L’altro ieri, alla riunione che ha sancito l’uscita di Ligresti da Premafin-Fondiaria-Sai, era presente un altro La Russa: Ignazio, classe 1947, ministro della Difesa dell’ultimo governo Berlusconi. A distanza di trentaquattro anni, padre e figlio aprono e chiudono una delle storie più intricate dell’alta finanza.
Ligresti, che tra un mese compie ottant’anni, approda a Milano negli anni ’50. Proviene da un Comune del catanese, Paternò. È figlio di commercianti. Ha una laurea da ingegnere. E nel capolugo lombardo entra in contatto con Michelangelo Virgillito, agente di cambio suo compaesano. Manovratore della Borsa negli anni tumultuosi del decollo economico, Virgillito diventa una sorta di padre putativo di Ligresti. Acquista sale cinematografiche, immobili, rileva importanti pacchetti azionari, scala la Lanerossi, s’impadronisce della Liquigas. È un discusso finanziere e un cattolico che ama dare molto, e vistosamente, in beneficenza.

Consigliere e legale di Virgillito è un altro illustre paternese, l’avvocato Antonino La Russa, che assume incarichi di prestigio in alcune sue società. E tra le migliaia di impiegati alla dipendenze di Virgillito c’è un oscuro ragioniere, Raffaele Ursini, che, quando il finanziere cade in disgrazia, ne rileva la Liquigas per 5 miliardi. Siamo negli anni ’60. Chi gli abbia messo in mano tutti questi soldi non si sa. C’è chi dice, ma senza averne la prova, che Ursini reggesse il «sacco» a Virgillito. È comunque un fatto che la stella dell’uno sorge proprio mentre sta per tramontare quella dell’altro.
La Liquigas si espande nella petrolchimica e, grazie all’acquisto della Sai dagli Agnelli, entra nelle assicurazioni. Ma è finanziarimente debole e alla fine degli anni ’70 tracolla per il peso dei debiti. Prima di fuggire in sudamerica, Ursini fa in tempo a cedere la compagnia a Ligresti. Dell’affare Sai si occupa Antonino La Russa, che gli si è avvicinato dopo la morte di Virgillito ed è anche amico di Ligresti.
Nel 1989, quando tutto è già caduto nel dimenticatoio, Ursini ritorna in Italia per rivendicare il diritto a rientrare in possesso di un pacco azionario della Sai per una clausola segreta a latere del contratto di vendita. I giudici però gli danno torto.

Ormai Ligresti è un personaggio ingombrante della scena finanziaria. Una potenza. Con la Grassetto ha costruito immobili in tutta Milano. Attraverso Premafin controlla una catena di grandi alberghi, di cliniche private, di quote di minoranza in Pirelli, Cir (della famiglia De Benedetti), Italmobiliare (della famiglia Pesenti), Agricola finanziaria (della famiglia Ferruzzi). La struttura azionaria del suo gruppo è quella a piramide, tipica del capitalismo a conduzione familiare: da una holding si diparte una cascata di società ciascuna delle quali controlla quella sottostante. I vari livelli della piramide vanno però alimentati con copiosi dividendi, altrimenti il peso dei debiti diventa schiacciante. Ligresti non ce la fa a tenere sotto controllo l’esposizione e ha bisogno del paracadute delle banche dove dettano legge i politici. Spera che l’amicizia con Bettino Craxi, segretario nazionale del Psi, gli spalanchi le porte della Bnl, ma il presidente dell’istituto romano, Nerio Nesi, gli nega il sostegno. Fortuna che ad accoglierlo trova la Mediobanca di Enrico Cuccia. Il grande banchiere, nel 1988, è impegnato nella privatizzazione di Via Filodrammatici e Ligresti ha dimestichezza con i palazzi romani, soprattutto con quello del “garofanoâ€Â, il più restio a recidere il legame tra Mediobanca e le banche di interesse nazionale. La Sai ha inoltre una partecipazione in Euralux, la finanziaria lussemburghese che custodisce il 5% di Generali, il secondo pacco azionario della compagnia triestina dopo quello di Mediobanca. Motivo in più perché Cuccia ammetta Ligresti nel tempio della finanza e gli assicuri il suo ombrello finanziario, quotando Premafin. Molti anni dopo, scomparso il grande vecchio di Via Filodrammatici, l’amministratore delegato di Mediobanca Vincenzo Maranghi chiama Ligresti per chiedergli di comperare la quota di Fondiaria in portafoglio a Montedison. Siamo nell’estate 2002. L’ingegnere ha già superato da un pezzo il ciclone giudiziario “mani pulite†dopo aver subito il carcere e l’accusa di corruzione. Su Montedison sta per scattare l’Opa di Edf e Fiat e il delfino di Cuccia deve evitare che la compagnia fiorentina finisca fuori del controllo di Mediobanca, di cui possiede il 2 per cento. Ligresti compra Fondiaria in cambio di un nuovo appoggio finanziario che si dimostra risolutivo. Poi fonde le due società. Quando però i soci di Mediobanca spingono Maranghi alle dimissioni, l’ingegnere gli gira le spalle alleandosi con il presidente di Capitalia, Cesare Geronzi.
Ultimo atto: nel luglio 2007, poco prima di morire, Maranghi stila la lista di coloro che non dovranno essere ammessi nella sua casa alla visita di condoglianze. In cima ci sono i nomi di Ligresti e Geronzi.

I PROTAGONISTI

Enrico Cuccia
Il rapporto, imprenditoriale e personale, di Ligresti con Enrico Cuccia e la sua Mediobanca è di lunga data e aveva sempre permesso di superare fasi di crisi. La prima fu a metà degli anni 80 quando via Filodrammatici spinse Premafin alla quotazione permettendo all’ingegnere di ridurre la mole di debiti. Appoggio confermato negli anni 90 durante e dopo l’inchiesta Tangentopoli.

Bettino Craxi
Negli anni 80 si stringe l’alleanza con Bettino Craxi, il leader socialista ago della bilancia nella formazione dei governi. Fu proprio Ligresti a presentare Craxi a Cuccia, superando diffidenze che potevano compromettere la privatizzazione. In quell’occasione la Sai entrò nel patto di sindacato di via Filodrammatici.

Ignazio La Russa
Dal padre Antonino al figlio Ignazio La Russa, il rapporto dei Ligresti con i La Russa è storico. «È una visita di cortesia, ci conosciamo da tre generazioni – ha spiegato l’esponente del Pdl nei giorni scorsi dopo un incontro con l’ingegnere – È un momento delicato, sono venuto a trovarlo». Geronimo, figlio dell’ex ministro della Difesa, è consigliere di Premafin.

il Sole 24 ore

lupoalberto

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Re:L'edicola
« Risposta #154 il: Luglio 19, 2013, 14:59:25 pm »
@lapis oh ma poi sei stato in ascoli?

Offline Lapisâ„¢

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Re:L'edicola
« Risposta #155 il: Luglio 19, 2013, 15:06:17 pm »
Ieri sera
Molto bello il centro

Offline Lapisâ„¢

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Re:L'edicola
« Risposta #156 il: Luglio 23, 2013, 14:08:54 pm »
dalla pagina FB di Diego Cugia

Una proposta dopo anni di condoni ai disonesti
LO STATO PREMI CHI È IN REGOLA
O FINIREMO COME IN ARGENTINA
Chi è stato “segnalato†come contribuente onesto è trattato peggio di un ricercato dall’Interpol.
Il governo intervenga o è la fine.

I reiterati condoni fiscali e il rimpatrio dei capitali illegalmente detenuti all’estero, con una contravvenzione da due soldi, sono stati il premio Oscar dell’Italia alla carriera degli evasori e dei mafiosi.
I cittadini perbene, costretti da una vita a pagare aliquote esagerate (per colpa dei connazionali furbacchioni e dei politici che scialacquano i soldi pubblici) sono stati “cornuti e mazziati†da questi e da quelli. È come se lo Stato italiano, con i delinquenti in coro, avesse gridato ai lavoratori “Scemi, scemi†per aver pagato le tasse tutta la vita, invece di comprarsi ville al mare come gli evasori, sbeffeggiandoli con una “ola†da stadio.
Ma adesso viene il peggio. Essendo segnalati come “pagatori†a Equitalia & Company, i lavoratori in regola sono sottoposti a un giro di vite senza precedenti, perché regioni, provincie, comuni, sono a caccia di denaro come bounty killer.
Piccoli imprenditori, professionisti autonomi, impiegati, commercianti, tutti i cittadini italiani onesti che in questi anni hanno pagato di tasca loro il debito pubblico di uno Stato incapace e iniquo, stanno continuando a dichiarare i loro sempre più scarsi guadagni, ma non riescono più a pagare subito il fisco. Perché il lavoro langue e i loro risparmi sono finiti. Sono quindi costretti a rateizzare, mentre incalzano i nuovi balzelli dell’anno corrente, gli introiti diminuiscono, e l’unica, magra speranza che a loro rimane è quella d’incassare qualcosa per poter pagare le tasse di guadagni già spesi per mantenere in vita le loro famiglie. Così non è più vita.
Risultato: centinaia di contribuenti che si uccidono per la vergogna, nel disamore e nella disistima, piegati e offesi da una burocrazia beffarda e incapace, che spara bollette anche a casaccio pur d’incassare, stringendo le vittime in un assedio concentrico e assillante, che toglie perfino la voglia di lavorare o cercare un impiego.
Attenzione, perché se perfino gli onesti diventano insolventi per l’Italia è finita, sarà come in Grecia o in Argentina alla fine degli anni Novanta.
Uno Stato civile e democratico dev’essere amico dei contribuenti onesti e nemico dei disonesti. E lo deve dimostrare non a parole ma con i fatti, comportandosi all’esatto opposto di come i governi italiani si sono comportati nell’ultimo ventennio, il più micidiale dopo il fascismo, per ignoranza, ingiustizia sociale e incompetenza politica.
Se l’Italia vuole tentare di non essere travolta, occorre dare un segnale pragmatico e immediato a tutti i contribuenti che sono stati sempre in regola con le loro dichiarazioni delle tasse, e oggi annaspano, escludendo senza se e senza ma tutti coloro che sono ricorsi ai condoni o che hanno rimpatriato i capitali.
Se lo Stato non ridarà ossigeno agli onesti, sospendendo in qualche modo e per un paio d’anni questa spirale di debiti e interessi sui debiti, ne pagheranno le spese tutti. Non c’è bisogno delle dichiarazioni di Casaleggio (confermate dal ministro per gli affari regionali Delrio). La deriva e il caos sono già in corso in migliaia di famiglie e dal privato al pubblico il passo sarà breve. Invece di perdere tempo aspettando le sentenze su Berlusconi (del quale non ci interessa più nulla) si trovi immediatamente il modo di sospendere l’esecuzione di una condanna a morte. Quella dei contribuenti onesti. O la morte di questo paese, senza bisogno di Cassandre, è già scritta.

Offline Lapisâ„¢

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Re:L'edicola
« Risposta #157 il: Luglio 23, 2013, 14:16:15 pm »
Lo so che a Lupo non piace ma lo metto lo stesso  :diablo2:

L’ultimo default dell’Italia è del 3 settembre 1992 quando il presidente del Consiglio Amato annunciò in diretta televisiva la svalutazione della lira. Svalutare una moneta che si controlla in cui è espresso il proprio debito pubblico equivale a ristrutturare il debito verso i creditori esteri. Nel caso dell’Italia la svalutazione fu innescata dalla impossibilità di pagare gli interessi sul debito nel regime a cambi fissi del Sistema Monetario Europeo (SME). Ventuno anni dopo l’Italia ha ancora le mani legate, allora c'era lo SME, adesso l'Euro. L'Italia ha interessi sul debito pubblico, che ha raggiunto 2047 miliardi, sempre più alti. Nel solo mese di maggio con 32 miliardi di nuovo debito pubblico pagheremo circa 1,5 miliardi di euro in più di interessi annui.
L’esperienza del passato ci serve per capire cosa avverrà del nostro Paese. Nel decennio 1982 – 1992 il rapporto debito/PIL quasi raddoppiò: dal 60% al 110%, questo perché nel 1981 Tesoro e Banca d’Italia divorziarono. Da allora lo Stato non ha più potuto contare su un prestatore interno con cui indebitarsi e ha dovuto offrire rendimenti sempre più elevati per vendere il debito. Se nel 1982 l’Italia pagava un interesse reale vicino a 0 per indebitarsi, nel decennio successivo raggiunse una media del 5.5% con picchi dell’8%. E’ quindi l’esplosione degli interessi sul debito cumulato ad aver portato il debito a livelli insostenibili. Un immenso schema Ponzi in cui gli interessi in assenza di crescita sono pagati emettendo nuovo debito. In sostanza, come analizza Alberto Bagnai nel suo "Tramonto dell’Euro", il risultato è stato un trasferimento netto di reddito nazionale dai servizi primari ai contribuenti, sanità, scuola, sicurezza, ai detentori del debito, soprattutto alle banche italiane e estere. Ma perché questo divorzio assurdo? Perché ce lo chiedeva l’Europa dello SME nel quale eravamo entrati nel 1978 legandoci mani e piedi ad un cambio rigido penalizzante che ci fece rinunciare alla leva della svalutazione. Nulla di diverso rispetto a oggi.
- Allora fu lo SME a legarci le mani, oggi l’Euro
- Allora emettevamo debito in una valuta nazionale di cui non controllavamo il valore rigidamente fissato nello SME. Oggi è peggio perché ci indebitiamo in una valuta estera (tale è l’Euro per aver rinunciato alla nostra sovranità monetaria) non potendo usare la leva del cambio
- Oggi come allora i rendimenti che l’Italia dovrà offrire per rendere appetibile il suo debito non potranno che salire
- Oggi come allora sarà il mercato ad imporci una decisione: allora si trattò di abbandonare lo SME e svalutare, oggi si tratterà di decidere se ristrutturare il debito restando nell’euro o tornare alla lira.
Solo così l’Italia tornerà a vedere la luce. Una prova? Usciti dallo SME nel 1992, svalutata la lira di quasi il 20% e riguadagnata la sovranità monetaria, il rapporto debito / PIL scese dal 120% del 1992 al 103% del 2003. Nel primo trimestre del 2013 abbiamo raggiunto il 130,3% nel rapporto debito/PIL, secondi solo alla Grecia.
La Storia è piena di entrate e uscite di Paesi da aree monetarie comuni. Queste sono normalmente imposte da Paesi forti (USA con Bretton Woods, Germania con l’Euro) con fini di annessione economica via export verso le zone più deboli e/o al fine di tutelare i propri crediti in tale area monetaria. Il sistema a cambi fissi di Bretton Woods ad esempio servì agli Stati Uniti per tutelare la propria posizione creditoria verso l’Europa dovuta al Piano Marshall dopo la Seconda guerra mondiale.
Il credito della Germania verso l’Europa è il lato oscuro della medaglia del debito di Italia e Spagna. Invece di prestare ai PIGS il Nord Europa preferisce prestare alla BCE che a sua volta fornisce liquidità ai PIGS. Con tale sistema, chiamato "Target 2", la Germania ha accumulato 600 miliardi di euro di crediti verso la periferia dell’Europa via BCE. La tutela di tali crediti è l’unico criterio che la guida. Non importa che i 600 miliardi siano stati costituiti da parte della Germania violando gli stessi accordi europei che oggi essa impone agli altri. Infatti sforando ampiamente il 3% di deficit nel 2003 la Germania ha finanziato riforme strutturali che nel decennio successivo le hanno dato un vantaggio competitivo grazie ad un'inflazione minore dei partner europei e ad un basso costo del lavoro ottenuto grazie alla forza lavoro della Germania dell’Est. Ciò si è tradotto in vantaggi di prezzo e nel boom delle esportazioni verso l'Europa..
Sarebbe bastato imporre il pareggio della bilancia commerciale invece del pareggio di bilancio per avere una storia completamente diversa che avrebbe tarpato le ali alle politiche mercantiliste del Nord Europa. La politica italiana prona al volere della Germania ha permesso che la tutela del nostro debito privato e pubblico detenuto dall’estero (in buona parte generato dal meccanismo perverso dell’Euro e dello SME) diventasse la priorità. La politica italiana ha venduto l’anima al diavolo teutonico in cambio della propria sopravvivenza a spese della collettività su cui ha riversato austerità e deflazione.
Se non sarà l’Italia a reagire lo farà per lei il mercato con il suo linguaggio universale, ci sarà un prossimo rialzo degli interessi richiesti fino a rendere insostenibile il nostro debito.

PS: non lo ha scritto FILO ma viene dal blog di Beppe Grillo. Che Casaleggio e Filo siano la stessa persona?  :biggrin5:

lupoalberto

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Re:L'edicola
« Risposta #158 il: Agosto 03, 2013, 18:10:34 pm »
Il FT non ci va giu' leggero:"Cala il sipario sul buffone di Roma"

"The curtain falls on Rome’s buffoon"

After the verdict, Italy’s Senate should boot Berlusconi out
The decision by the supreme court in Rome to uphold a four-year prison sentence for tax fraud against Silvio Berlusconi marks a watershed in Italy’s recent history.
It is not the first time judges have ruled against the man who has dominated Italian politics for the past two decades. But never before had Berlusconi been convicted. Many of the cases brought against him had elapsed, thanks to the snail-paced nature of Italy’s judicial system and the tycoon’s shameless tendency to change the law to slow down his trials.
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Berlusconi swiftly used his TV channels to protest his innocence. He accused the magistrates of political bias. But he failed to produce any evidence to support his claims. Italians have heard this litany many times before.
Some argue that the crime for which Berlusconi has been convicted is minor when set against his enormous tax bills. But it is never right to dodge taxes. Lawmakers have a special responsibility to set the example, particularly in Italy, where widespread tax evasion is one of the main reasons for the dire state of the public finances.
The judges in Rome should be commended for their independence. It was not easy to rule against the leader of one of Italy’s largest parties, who commands considerable power and wealth. Some Rome-watchers had even thought that Berlusconi would be offered a silent amnesty in return for his choice to join a grand coalition after last February’s messy elections. The verdict shows no one is above the law.
At 76, Berlusconi is too old to be jailed. He can opt for house arrest or community service. But an anti-corruption law passed by the Monti government and supported by Berlusconi’s party means he will not be able to stand for election for at least six years. The Senate, where he holds a seat, will need to decide whether to expel him.
If Berlusconi had any shred of honour he should now resign. That would spare his fellow senators the embarrassment of ejecting a former prime minister. But if he does not take that course – something which his record suggests is likely – they should boot him out. Any other decision would be impossible to justify and would open a dangerous rift between the lawmakers and the judiciary.
It would be naive to expect the parliamentarians of the People of Liberty to turn their back on the party’s founder, leader and main financial supporter. Berlusconi has vowed to fight on and many of them will no doubt follow him. But the time is ripe for the emergence of a rightwing party that is ready to ditch Berlusconi’s brand of frenzied populism and embrace economic liberalism.
After years of ineffective showmanship, Italy would greatly benefit from it.
Copyright The Financial Times Limited 2013.

lupoalberto

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Re:L'edicola
« Risposta #159 il: Agosto 30, 2013, 20:26:51 pm »

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Re:L'edicola
« Risposta #160 il: Settembre 29, 2013, 01:19:05 am »
GAP DOWN

http://www.linkiesta.it/crisi-letta-europa

«C’è sgomento. E viva preoccupazione». Così commenta a caldo a Linkiesta un alto funzionario della Commissione europea. Le dimissioni dei ministri del PDL aprono forse il capitolo più difficile della recente storia italiana. Situazione analoga per alcuni degli investitori incontrati da Enrico Letta nel suo roadshow negli Stati Uniti. Pazienza finita per tutti, fiducia in rapido calo e due parole, pronunciate al telefono dal funzionario Ue, che lasciano l’amaro in bocca: «Siete ingovernabili».

La mossa di Silvio Berlusconi è stata un fulmine a ciel sereno. Specie a Bruxelles, la notizia è arrivata con una forza dirompente. «Sapevamo che la situazione era seria. Ora è d’emergenza», avverte un funzionario dialogando con Linkiesta. Il clima non ricorda nemmeno quello del novembre 2011, quando l’Italia era vicina a perdere l’accesso ai mercati obbligazionari. Questa volta potrebbe persino essere peggio. Perché il tempo al Paese è stato dato. Perché la fiducia era tornata. Perché c’era la speranza che con Enrico Letta ci fosse una svolta. Invece no. La rabbia e la frustrazione di Olli Rehn, commissario Ue agli Affari economici e monetari, durante l’incontro della scorsa settimana con il ministro delle Finanze, Fabrizio Saccomanni, resterà negli annali. Era il preludio a ciò che si sta vivendo oggi, cioè lo show-down del governo Letta.

La Commissione europea guarda con estrema attenzione all’Italia. Il triste balletto fra IMU e IVA rappresentano il peggior biglietto da visita che potesse dare questo governo, frutto di una larga intesa forzata fra PDL e PD che sulla carta non avrebbe mai funzionato. Detto, fatto. Eppure, la fiducia c’era. Si è dato tempo. Si è chiusa una procedura d’infrazione per deficit eccessivo aperta nel 2009. «È stato un segnale, un premio per i vostri sforzi. Questo è il risultato», continua il funzionario comunitario, evitando del tutto di mascherare l’impotenza di fronte a tutto ciò che sta succedendo in Italia. Per ora non c’è ancora una linea da seguire. C’è preoccupazione. E una doverosa attesa per ciò che saranno i prossimi giorni. Tuttavia, è chiaro un concetto: la pazienza stavolta è agli sgoccioli.

C'è poi il Fondo monetario internazionale (Fmi). I due rapporti sullo stato del Paese pubblicati ieri, l’Article IV Consultation e il Financial sector stability assessment, hanno evidenziato che una crisi politica può portare a uno stallo nella normale attività governativa in grado di avere due effetti. Da un lato, rallentare l’aggancio della ripresa che sta arrivando. Dall’altro, fermare il processo di riforme strutturali che servono al Paese per uscire dall’emergenza. Non solo. Come ricordato dal Fmi, uno stallo politico, o una crisi di governo, minerebbero sia la sostenibilità del debito pubblico sia l’attuale rating sovrano dell’Italia. Le voci di un imminente downgrade, che si rincorrono da inizio settimana, potrebbero quindi diventare realtà entro pochi giorni.

Lo scenario è a tinte fosche. Sull’Italia aleggiano gli spettri del downgrade, che costringerebbe gli investitori internazionali a un riallocamento dei portafogli, e quello della richiesta di un aiuto esterno. Sul primo versante, sia Standard & Poor’s sia Fitch sono le indiziate per il taglio che potrebbe giungere la prossima settimana. Se così fosse, l’Italia rischierebbe di arrivare allo status “junkâ€Â, obbligando i gestori a vendite copiose dei titoli del nostro Paese in modo da rispettare i rating minimi per i singoli portafogli.

C'è poi un'altra questione spinosa. Fra le righe del Financial sector stability assessment, il Fmi ha messo in guardia l’Italia su un punto particolare. «Servono misure specifiche per il sistema finanziario», hanno scritto i funzionari del Fondo. In altre parole, occorre adottare misure per limitare il peso dei Non-performing loans (crediti dubbi, o Npl) nei bilanci delle banche italiane, che attualmente sono vicini ai 260 miliardi di euro. Che sia la creazione di una serie di bad bank, tramite l’intervento dello European stability mechanism (Esm), o che si portino avanti dei bail-in focalizzati, poco cambi. L’importante è che si faccia qualcosa. Non solo. Occorrono misure capaci di riattivare i canali del credito. E da Francoforte, sede della Bce, guardano con sempre maggiore attenzione al sistema bancario italiano. Colpa dei ritardi nei rimborsi del fondi ottenuti dagli istituti di credito italiani tramite le due operazioni di rifinanziamento a lungo termine (Long-term refinancing operation, o Ltro) condotte dalla Bce fra novembre 2011 e febbraio 2012. Su 260 miliardi di euro ricevuti, i rimborsi non arrivano al 10 per cento. È questo il sintomo di un malessere sistemico che potrebbe esplodere alla luce della crisi di governo.

Un eventuale deprezzamento dei titoli di Stato italiani andrebbe a colpire le banche italiane in modo significativo. Più che del differenziale di rendimento fra i Btp decennali e i corrispettivi tedeschi di pari maturity, ovvero lo spread, importano altre due cose, fanno notare dal Tesoro. La domanda di bond italiani, che deve restare sopra quota 1,50 da qui a fine dell’anno, e una volatilità dello spread limitata a pochi punti base, in caso di crisi politica. Tradotto, l’obiettivo deve essere quello di tenere lo spread Btp-Bund sotto quota 320 punti base da qui a fine anno e, in ogni caso, cercare di non tornare con un rendimento vicino al 5% per quanto riguarda i Btp decennali. Oltre, si entrerebbe nel territorio dell’ignoto.



lupoalberto

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Re:L'edicola
« Risposta #161 il: Settembre 29, 2013, 14:59:10 pm »
Con 260mld di NPL e LTRO rimborsato al 10% saranno le banche italiane a far arrivare gli elicotteri della Troika..

Offline Jena

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Re:L'edicola
« Risposta #162 il: Settembre 29, 2013, 16:46:02 pm »
Olli Rehn farebbe bene a starsene un po' zitto...

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Offline Kat

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Re:L'edicola
« Risposta #163 il: Settembre 29, 2013, 22:00:36 pm »
Vi rendete conto che le nostre sorti dipendono dalla decisione di allontanare dal governo un TRUFFATORE condannato in Cassazione???? Credo che in qualunque paese se ne sarebbe andato da un pezzo,ma qua no,adirittura gli si permette
di minacciare e ricattare!!! Cosa aspettiamo a mandarli tutti a lavorare la terra con zappa e vanga????
Sto incominciando a vergognarmi di essere italiana  :incazzato: :incazzato: :incazzato: :incazzato:


Altra piccola domandina:dove finiscono i nostri soldi che tutti paghiamo con percentuali esorbitanti fra tasse e balzelli,visto
che la Svizzera ce la fa accontentandosi di una tassazione massima al 27%e ti permette di avere tutti i servizi per aprire
un'azienda in una settimana con domande fatte comodamente on line? Qualcuno caso mai ha intenzione di scoperchiare
il vaso di Pandora? No,certo,mi rispondo da sola,uscirebbero gli scheletri di tutti, è chiaro!

Offline Jena

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Re:L'edicola
« Risposta #164 il: Settembre 30, 2013, 07:46:31 am »
La situazione italiana fa comodo a qualcuno. Non mi addentro in discorsi politico/economici ma basta riflettere e ragionare in modo obiettivo.

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