http://www.ilsole24ore.com/art/finanza-e-mercati/2013-01-21/tobin-sbarra-114530.shtml?uuid=AbqiTVMHProcesso alla Tobin Tax italiana. I capi d'accusa e la difesa della tassa sulle transazioni finanziarie
Martedì, all'Ecofin, in agenda la collaborazione rafforzata sulla Tobin Tax. Cioè, la tanto discussa tassazione sulle transazioni finanziarie. Com è noto l'Italia ha previsto una sua applicazione autonoma e scaglionata nel tempo. Il balzello, infatti, entrerà in vigore a tappe. A decorrere dal primo marzo 2013, sarà il turno del mercato cash azionario sui titoli al di sotto della capitalizzazione di 500 milioni. Poi, toccherà agli altri strumenti: l'imposta fissa sui contratti a termine, sui contratti derivati e sulle operazioni relative a valori mobiliari equivalenti a tali contratti si applicherà , infatti, a decorrere da inizio di luglio.
Ebbene, in attesa di capire quale sarà il concreto futuro della tassa, Il Sole 24 Ore, senza alcuna pretesa di completezza, ha istruito un processo alla Tobin Tax italiana. Ecco, quindi, alcuni pro e contro.
Accusa: L'attuale imposta non ha un'applicazione globale. E, nemmeno, sui principali mercati europei. Il risultato? «Ci sarà - dice Luca Barillaro, esperto di Borsa - una riduzione degli investimenti e degli scambi. Come, peraltro, è già accaduto in Francia. Il calo porterà , inevitabilmente, alla riduzione della liquidità e a maggiore volatilità sui corsi azionari».
Difesa: «Le scelte degli investitori - ribatte Andrea Baranes, di Zero, zero cinque - sono in realtà dettate da criteri quali l'efficienza del mercato stesso e la sua solidità . Tale rischio, quindi, non è così rilevante. Inoltre, l'operatore che vuole investire sul lungo periodo non si spaventa di fronte ad una tassazione dello 0,1%».
Accusa: Proprio il cassettista, in realtà , è quello maggiormente colpito. La norma prevede, infatti, di tassare il netto delle posizioni alla chiusura della giornata. Chi realizza molte compra-vendite, e chiude la sua operatività durante la seduta, non è soggetto all'imposta. Al contrario, il tranquillo investitore che rimane con la sua posizione aperta (overnight) viene colpito. La speculazione, insomma, ringrazia.
Difesa: «La Tobin Tax da noi proposta non prevedeva la tassazione del netto a fine giornata. Bensì, sulle singole operazioni finanziarie. Si tratta di una situazione che deve essere migliorata. Un "buco" normativo che è auspicabile venga migliorato. Ciò non vuol dire però, come in molti sostengono, che l'impostazione sia sbagliata in sé».
Accusa: La nuova imposta all'italiana, sul fronte dei derivati, prevede una maggiore tassazione su derivati "plain vanilla", vale a dire semplici, come ad esempio le opzioni. Cioè, quei contratti usati da gestori tradizionali per coprirsi nei loro portafogli. Al contrario i future sugli indici, possibili oggetti di speculazione, hanno un'imposta minore. Di nuovo, il meccanismo che sottende l'imposta non sembra quello anti-speculazione.
Difesa: «Anche su questo fronte - ribatte Baranes - la normativa può essere soggetta a revisione. Il nostro obiettivo è quello di colpire i derivati più strutturati che, di fatto, hanno poco o nulla a che fare con il sottostante e la sua consegna fisica. Nel mondo delle commodity alimentari, ad esempio, questo accade spesso. Per il guadagno di pochi, si muovono le quotazioni esenziali come le derrate alimentari»
Accusa: Al di là dei dettagli tecnici, il rischio di un'imposta sulle transazioni (soprattutto se non c'è una sua applicazione globale) è quello di distruggere (o perlomeno "schiacciare") una Borsa, come quella italiana, che già di per sé ha perso molta importanza. «È un po' come il problema - dice Barillaro - dell'inquinamento in una grande città . Può anche imporsi una tassa per impedire la circolazione alle auto in centro. E, però, se tutto attorno le strade ad altissimo inquinamento (gli Otc) non vengono toccate, allora il problema resta. E il centro, la Borsa Italiana, sarà attraversata solo dai più ricchi».
Difesa: Il rapporto tra le capitalizzazioni di Borsa e i Pil nazionali, al di là delle inevitabili variazioni degli ultimi anni legate anche alla recessione e alle manovre di austerity, rimane comunque molto elevato. Cioè, i numeri indicano che il "nanismo" di Piazza Affari non è così evidente. «Ciò detto - riprende Baranes - il tema è sempre quello dei derivati. In Italia, nel 2.000, valevano circa 1.500 miliardi. Le più recenti stime, invece, indicano valori intorno a 10.000 miliardi. È questa ipetrofia che deve colpirsi».
Accusa: Uno dei temi portati a sostegno della Tobin Tax è quello dell'esplosione del mondo dei derivati. Strumenti che, di fatto, servirebbero ad aumentare la speculazione. Ebbene, dice Barillaro: «Il problema dei derivati, specialmente nei mercati anglosassoni, esiste. Tuttavia, utilizzare i dati in modo demagogico è fuorviante. Il mito del volume dei derivati mondiali arrivati a 7 volte il valore delle merci scambiate è, per l'appunto, solo un mito. Si ignora il loro meccanismo. Cioè, se un'azienda copre un indebitamento su un mutuo per l'acquisto di un capannone con un Interest rate swap, la banca che ha siglato il derivato può ricoprirsi sul mercato. La terza parte coinvolta, a sua volta, potrà trovare conveniente coprirsi essa stessa dopo un certo periodo di tempo. Risultato: avremo 4 derivati, con 4 nozionali ed un solo capannone, ma in questo processo non c'è nulla di speculativo e di malvagio. Sebbene i numeri a prima vista potrebbero far intendere altrimenti».